concorso Vinci Cicci

333.JPG

Dalla valle e per le fronde
saliremo con le gronde
per la fronte e sulle spalle
col sudore fra le PALLE.
Una volta giunti sopra
ca’ votata alla gran opra,
d’er Monnezza festeggiare
fra gli auguri e i va a TROMBARE,
alzeremo di misura,
che a due botti si dà stura,
verso il cielo i gran bicchieri
ricchi, pieni eppiù sinceri,
sopra il ciglio della diga
senza pena e senza FADIGA [?];
tanto che sarà stupita,
dalla gioia in su rapita,
quel bel lume solitario
che dà lustro al planetario,
quella benedetta luna
che a concilio poi raduna,
come dolci pecorelle
gli astri ataviche sorelle.
Come rami in un gran fascio
che non cedono allo sfascio,
come i lacci della rete
e più beva chi ha più sete,
noi saremo uniti tutti,
e si farà gara di RUTTI.
Fino al giorno dopo ancora,
fin che il sole non divora
festa e grida al suo tramonto
un altro giro all’austro conto.
L’eco di questa serata
come fiaba che è narrata,
sulla sponda del lettino
dal papà al suo bambino,
troverà sempre una voce
come un fiume la sua foce,
in quel gran mar che è la memoria
dell’umana nostra storia.
Aspettiamo l’adiposo
cicci fresco nostro sposo,
con la lampada e con l’olio
tutti su lo stesso scoglio,
e ballando ebbri alfine
fra le chiacchiere e le mine,
si vedrà il primo del nove
chi si sposa e chi è ormai altrove.

N.d.R. Questo post nasce dalla tenzone lanciata da Beppe QUI